Il giorno della retrocessione è arrivato puntuale dopo quello della Liberazione, quasi a sancire – se mai qualcuno avesse pensato diversamente – che di questa stagione calcistica si è stati tutti un po’ martiri. In primis, i tifosi. Non è retorica, non è voler salvare il salvabile: la tifoseria della Salernitana meritava ben altro che una retrocessione così disgraziata. Giocatori svogliati, quattro allenatori sostituiti a tempo record, un presidente troppo spesso in vacanza premio all’estero ma immobile sul da farsi a Salerno, 73 gol subiti e record negativo di punti nel campionato di serie A.
Un’agonia perpetrata 34 giornate dalla quale ci si è “liberati” con un indecoroso 3-0 sul rettangolo verde della Ciociaria, l’ennesimo risultato che ha messo in ginocchio i tanti tifosi che, quasi a voler sfidare un destino ineluttabile, hanno continuato a cantare a perdifiato e sostenere la propria squadra del cuore chi da casa, chi dai club della città (ché ad aggiungersi a una situazione che più precipitata non si può, c’era pure il divieto di trasferta!).
“Che vuoi che sia/in ogni categoria/Salernitana/io non vivo senza te” è il coro che rimbomba da via Mercanti a Largo Campo ancora il giorno dopo la tempesta.
Una debacle preannunciata, certo, ma che ha reso ancora più evidenti l’inadeguatezza e la superficialità di una società gretta e più che mai sorda alle richieste di programmazione del futuro da parte dell’infaticabile popolo granata.
Avvezzi a gioie e dolori, i tifosi dell’ippocampo conoscono la strada per risorgere dalle ceneri. Sapranno, dirigenti e società, liberare dalla delusione di questa retrocessione i tanti supporter della Salernitana?
“Jamm a verè” cantano in curva sud, i veri campioni al di là della categoriA.
Francesca Romanelli