A trent’anni dalla scomparsa di Massimo Troisi, il ricordo di quest’artista poliedrico è ancora vivido, e non solo nell’immaginario delle passate generazioni che hanno potuto apprezzare la sua arte, ma anche in quelle che lo hanno conosciuto dopo il 4 giugno del 1994, una data, quella della scomparsa del comico napoletano, che ha lasciato tutti con l’amaro in bocca. A soli 41 anni infatti, ci ha lasciato uno degli attori più apprezzato della sua generazione, un comico dall’umorismo amaro e surreale, capace di far ridere e sorridere allo stesso tempo. Una persona straordinaria come ricordano anche tutte le persone che hanno lavorato a stretto contatto con Troisi, come Gerardo Ferrara, originario di Sapri, che durante le riprese del film Il Postino ebbe la fortuna di conoscere anche la persona dietro l’attore, era infatti la sua controfigura. Numerosi sono gli aneddoti raccontati che parlano della bontà e dello spirito di Troisi: alla fine delle riprese del film Il Postino -candidato agli Oscar del 1996 vincendo quella di Miglior colonna sonora- l’attore regalò allo stesso Ferrara un libro di poesie di Pablo Neruda con una dedica “A Gerardo, per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro”.
Si racconta, infatti, di come nonostante gli ultimi mesi di vita di Troisi fossero stati costellati dall’aggravarsi dei problemi cardiaci di cui soffriva, volle portare comunque a termine le riprese del film -concluse il 3 giugno 1994- che lo ha portato alla consacrazione internazionale. Non solo Il postino, ma anche Ricomincio da tre, Scusate il ritardo (di cui fu anche regista), Non ci resta che piangere, Pensavo fosse amore… e invece era un calesse e tante altre pellicole fanno parte dell’immaginario collettivo comune. Tanti sono i luoghi che oggi portano il suo nome, come il teatro valdianese omonimo situato a Casalbuono, in quanto vecchie e nuove generazioni, non solo napoletane, ricordano e si ispirano a Troisi per ciò che rappresenta ed evoca con la sua arte: un artista capace di intercettare le fragilità e declinarle in chiave umoristica senza mai essere retorico e didascalico.