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giovedì, 23 Gennaio, 2025
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Disastro ambientale in Basilicata: 16 indagati per la centrale nucleare della ITREC in dismissione

Al termine della fase preliminare delle indagini svolte dalla DDA di Potenza sulla gestione della Itrec, la centrale nucleare in smantellamento di Rotondelle, in provincia di Matera, risultano indagati 16 tra manager e dipendenti di Sogin, Enea, Arpab. Le accuse sono gravissime, dovranno infatti rispondere di: attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale, inquinamento ambientale, falso. L’inchiesta, che ha portato alla luce dei fatti che risalgono al 2014, e partita dai carabinieri del NOE di Potenza -coordinati dall’allora procuratore di Potenza Francesco Curcio- ha raccolto indizi nei confronti di alcuni dirigenti della Sogin, di alcuni dirigenti del centro ricerca Enea di Rotondella e di alcuni funzionari pubblici di enti locali incaricati di vagliare le istanze ambientali presentate dai gestori della centrale.

Da quanto è emerso, i dirigenti avrebbero saputo da analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero comunicato lo stato dei fatti agli enti competenti solo nel 2015. Secondo l’accusa, il tutto sarebbe avvenuto omettendo di adottare tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che la contaminazione delle sostanze cancerogene si propagasse nell’ambiente causando “una compromissione e un deterioramento non reversibile in maniera naturale”.


Inoltre, si tratterebbe di un vero e proprio “disastro ambientale” perché “lo stato di contaminazione del sito” non fu comunicato, “pure avendo il dovere di farlo, per evitare o ritardare costi aziendali e per scongiurare il clamore e le conseguenze che, sul piano amministrativo, politico, d’immagine ed economico, la notizia avrebbe suscitato”. Gli indagati avrebbero riportato “falsamente” lo stato delle acque da scaricare, anche dal punto di vista delle autorizzazioni o dei nulla osta in possesso. Inoltre dalle indagini risultano anche casi di scarico di acque piovane, “di dilavamento e quelle industriali, tutte non trattate, direttamente nel fiume Sinni”.

Altri dettagli delle indagini dei Carabinieri del Noe riportano come sarebbe avvenuta anche la “frequente disattivazione, da parte di alcuni dirigenti del sito, delle pompe della barriera idraulica predisposta per contenere la propagazione della acque di falda contaminate”, allo scopo “di abbattere i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi che sarebbero stati prodotti” per quanto riguarda l’Itrec.

Una delle aziende interessate dalle accuse, Sogin, ha comunicato quanto segue: “La contaminazione non è stata generata dalle attività di smantellamento in corso presso il Sito di Trisaia e che Sogin, non appena l’ha rilevata, ha immediatamente provveduto a denunciarla alle autorità competenti. Si tratta di circostanze ampiamente appurate nel corso delle diverse Conferenze di Servizio che si sono tenute dal 2015 a oggi e perfettamente in linea con la condotta corretta interpretata da una Società dello Stato che ha come scopo precipuo la tutela dell’ambiente, da anteporre a qualsivoglia logica di profitto. In piena applicazione del proprio mandato istituzionale e nel rispetto di un’esperienza di rilievo internazionale maturata negli anni, Sogin proseguirà a svolgere le attività di messa in sicurezza dell’area e di smantellamento dell’Itrec, ponendosi al tempo stesso con spirito collaborativo a disposizione dell’Autorità giudiziaria”.

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