Francesco Schiavone, noto alle cronache napoletane come “Sandokan”, dopo 26 anni di carcere del regime del 41 bis, ha deciso di diventare collaboratore di giustizia. La notizia riportata lo scorso 28 marzo da “Cronache di Caserta”, rende noto il lavoro delle ultime settimane della DDA (direzione distrettuale antimafia) di Napoli, la decisione infatti sarebbe stata presa dall’ergastolano, malato di tumore, solo recentemente; diversamente dai figli, Nicola e Walter Schiavone, che si sono pentiti, rispettivamente nel 2018 e nel 2021. “Sandokan”, capo indiscusso del clan dei Casalesi, fu arrestato nel 1998 dopo il triplice omicidio di Luigi Diana, Nicola Diana e Luigi Cantiello e fu portato davanti ai giudici anche per il processo Spartacus (che vide imputati molti esponenti del clan dei Casalesi), conclusosi nel 2010 con ancora molti interrogativi sulla misteriosa scomparsa di Antonio Bardellino. Quest’ultimo, storico capo del clan dei casalesi e rivale di Schiavone, fu ucciso in Brasile nel 1988 su suo ordine (secondo le ricostruzioni ufficiali del processo Spartacus), ma il corpo di Bardellino non fu mai ritrovato e le circostanze del suo seppellimento – di sera, nella spiaggia di Copacabana – non appaiono del tutto verosimili agli inquirenti. Sarà forse questo uno dei numerosi segreti ad essere svelato da Sandokan a Vincenzo Ranieri, pm della DDA di Napoli. La scelta di Schiavone, nonostante la sua anzianità e i problemi di salute, ha un alto valore simbolico soprattutto per i giovani capi clan della Camorra, che negli ultimi anni sta subendo numerosi colpi grazie al lavoro della DDA di Napoli.
Carmen De Fina