ULTIME NEWS!

mercoledì, 19 Marzo, 2025
CronacaPrimo piano

Traffico di rifiuti italo tunisini. L’ombra della criminalità organizzata calabrese. Giro d’affari di due milioni di euro

Tace e sorride, il procuratore Francesco Curcio di fronte alla domanda sulla presenza di criminalità organizzata dietro lo scandalo dei rifiuti italo tunisini che ha portato alle indagini su 16 persone, tra loro tre funzionari regionali e un sequestro di circa due milioni di euro. Una criminalità organizzata che porta più in Calabria, a Soverato, che in Campania. Tutto, infatti, ha avuto inizio proprio in Calabria quando nel 2019 inizia un rapporto tra alcuni calabresi, imprenditori dei rifiuti come Paolo Casadonte (broker e legale rappresentante della Gc Service) e Maurizio Innocenzo Mazzotta (Eco Management), e alcuni tunisini. In Tunisia – lo sostiene il procuratore Curcio – ci sono interessi calabresi, compresi quelli legati ai rifiuti. Si intende smaltire dei rifiuti – a costi dimezzati – che in Italia avrebbe costi esosi e in Tunisia invece no. Peccato che in Tunisia non potrebbero essere esportati in quanto rifiuti non più riutilizzabili e quindi contrari agli accordi internazionale della “monnezza”. Ma farli partire dalla Calabria non è la scelta giusta secondo i due, “in Regione Campania non abbiamo problemi”. Una decisione presa ancor prima di proporre l’affare alla Sra, della famiglia Palmieri (Tommaso e i figli Alfonso e Federico, anche se l’amministratore delegato è Antonio Cancro). Nel settembre del 2019 ecco la firma: trasportare 8mila rifiuti da Polla in provincia di Salerno, sede della Sra, al porto maghrebino di Sousse, attraverso il porto di Salerno. Ed ecco a stretto giro anche l’autorizzazione da parte della Regione Campania, uffici di Salerno. Vincenzo Andreola, funzionario regionale, concede l’autorizzazione anche se – stando a quanto rilevato dalla Procura di Potenza – si hanno clamorose omissioni nei controlli. Addirittura vengono definiti comiche le modalità di individuare il focal point. A indicarlo è la Sra, attraverso anche l’assenso del console tunisino in Italia, e gli Uffici non controllano. Ovviamente è il focal point sbagliato che concedere il nulla osta tra documenti falsificati o mai presentati nei tempi giusti. Quattro carichi da inviare nel 2020. Il primo arriva, sbarca, viene portato alla Soreplast. Un’azienda che risulterà essere una scatola vuota con due macchinari tra l’altro portati dall’Italia, e incapace di convertire quei rifiuti in materiali riciclati così come era previsto. Sarà l’unico a toccare terra (anche se verrò bruciato a scandalo già scoppiato, il giorno dopo la visita dell’allora ministro degli esteri Luigi di Mario), perché gli altri vengono bloccati al porto di Sousse mentre scattano arresti per corruzione in Tunisia. In Italia – grazie alle interrogazioni della consigliera regionale indipendente Marì Muscarà – qualcosa comincia a muoversi nell’opinione pubblica prima che nella politica e nella magistratura. In seguito a un lungo braccio di ferro tra Governo tunisino, quello italiano, Regione Campania e imprenditori privati i rifiuti, 214 container vengono fatti rientrare in Italia e al porto di Salerno partono le indagini prima della Procura di Salerno, poi per competenza di quella lucana. I rifiuti vengono sequestrati e parcheggiati nell’area militare di Persano, alle porte di Eboli per la caratterizzazione. E oltre alle autorizzazioni ritenute false, oltre al focal point sbagliato, ecco che anche la caratterizzazione – sempre stando all’inchiesta che ha portato a 16 indagati – fa emergere che non si tratta di quelli annunciati, bensì non recuperabili e in parte anche sanitari. Ecco quindi emergere il disegno criminale di parte delle persone coinvolte: risparmiare, circa due milioni di euro, per non riciclare dei rifiuti ma smaltirli in qualche discarica tunisina così “da cannibalizzare l’Africa con i nostri rifiuti”, secondo il procuratore Curcio. Il tutto con il supporto di un imprenditore tunisino, Mohammed Noureddine legato alla Soreplast, sposato con una donna dell’area di Soverato e latitante da quando la Tunisia ha fatto scattare gli arresti – e Ben Ali Makran impiegato dell’Anged, l’agenzia che ha dato il consenso al trasporto dei rifiuti anche se non ne aveva le facoltà. Tra l’altro Makran non era neanche un dirigente ma un semplice impiegato. Secondo gli inquirenti sarebbe stato tutto facile da scoprire e invece no. Da qui la misura cautelare dei domiciliari per il funzionario Andreola e l’indagine sui dirigenti regionali – più per mancata supervisione in periodi diversi – Antonello Barretta e Anna Martinoli.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati