Nell’ultimo periodo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sta concentrando le sue ricerce anche sul vulcano Marsili, un gigantesco cratere sottomarino situato al largo delle coste tirreniche, tra il Cilento e la Sicilia. Secondo quanto riporta l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il Marsili è il vulcano sommerso più grande d’Europa e del Mediterraneo. È lungo circa 70 km, largo 30 e copre un’area di circa 2.100 km quadrati. Un gigante adagiato a circa tre chilometri sul fondo del mare dai cui recenti studi emerge che il mostro sottomarino è ancora attivo, ovvero possiede il potenziale per una eventuale possibile eruzione. Sui fianchi si stanno sviluppando infatti numerosi apparati vulcanici satellitari.
Le eruzioni più recenti del Marsili risalgono a un’età compresa tra 7000 e 2000 anni fa, ma si è trattato di eventi a basso indice di esplosività, avvenuti in particolare nel settore centrale dell’edificio tra gli 800 e i 1000 m di profondità. “Questo vulcano è formato da una serie di coni e fratture eruttive allineate in direzione quasi Nord-Sud e presenta un’attività idrotermale e sismica legata a eventi di fratturazione superficiale e a degassamento”, spiega Guido Ventura, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. In caso di eruzione sottomarina a profondità di 500-1000 metri sul Marsili, l’unico segno in superficie sarebbe “l’acqua che bolle” legata al degassamento e galleggiamento di materiale vulcanico, in particolari pomici, che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane.
In ogni caso il rischio di eruzioni è estremamante basso ed, eventualmente, i rischi legati a tsunami sono davvero minimi dal momento che sui fianchi del vulcano si sono verificate fratture estremamente localizzate e di spessore ridotto. “Questi fenomeni sono molto comuni sui fianchi dei vulcani, nelle zone sommerse vicine alla costa, e alle foci dei grandi fiumi”, aggiunge Ventura. “È assolutamente prioritario effettuare una stima della stabilità dei versanti basata sui parametri fisici delle rocce coinvolte nel potenziale franamento, valutare il volume di roccia potenzialmente coinvolto, conoscerne le modalità di movimento lungo il pendio e, una volta noti tutti i parametri, verificare se il volume di roccia e la dinamica della possibile frana sottomarina sono compatibili con l’innesco di uno tsunami. Da qui la necessità di nuove ricerche per implementare un sistema di monitoraggio che possa valutare l’effettiva pericolosità connessa a un collasso di parte dell’edificio”, conclude il ricercatore.
Il Marsili è stato inserito nella lista dei vulcani italiani attivi. Il suo risveglio comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali.