Paziente morì durante un’operazione, interdetti dalla professione 5 medici a Salerno. I carabinieri del Nas di Salerno hanno dato esecuzione questa mattina ad un’ordinanza nei confronti di Enrico Coscioni, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno e dei componenti dell’equipe chirurgia presieduta e coordinata dal Primario e primo operatore Coscioni in occasione dell’intervento chirurgico nei confronti il paziente Umberto Maddolo, di Montecorvino Rovella. Operazione che si tenne il 20 dicembre 2021, e per la quale secondo l’accusa, il pazientemorì.
Il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei cinque indagati applicando la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione medica, inibendo loro ogni attività medica e tutte le attività ad esse inerenti, per la durata di dodici mesi a carico del Primario Coscioni.
Il quadro indiziario è stato ricavato dal Giudice dall’attività d’indagine eseguita dai Carabinieri del Nas di Salerno combinata ai verbali di sommarie informazioni rese dal personale ospedaliero oltre che dai familiari della vittima. Quattro i profili di colpa: il primo riferibile alle modalità di preparazione dell’intervento chirurgico al quale venne sottoposto Maddolo; il secondo alle scelte operate in ordine all’esecuzione dell’intervento; il terzo alle modalità di esecuzione dell’intervento prescelto con particolare riferimento all’abbandono di un lembo di gazza nel corpo della vittima e, da ultimo, alle modalità con le quali, accettato nell’immediatezza tale evento avverso, lo stesso fu gestito dai medici.
In particolare, secondo l’impostazione accusatoria non sarebbe stato convocato il cosiddetto “Head Trae” che avrebbe dovuto prevedere le complicanze insite nell’intervento poi eseguito e orientate il trattamento verso una procedura di cardiologia interventistica piuttosto che verso un intervento cardiochirurgico.
Sotto il profilo strettamente operatorio, poi, in individuata come “la prima fase” dell’intervento, l’inatteso riscontro da parte dell’equipe medica di una estesa calcificazione dell’aorta ascendente, avrebbe dovuto suggerire, secondo le linee guida, di sospendere l’intervento, laddove, secondo l’ordinanza, Coscioni e la sua squadra completarono l’intervento, ignorando o sottovalutando i rischi connessi alla necessità di manipolare significativamente un cuoce provato da un infarto recente e già gravato da una significativa disfunzione.
Con riguardo al terzo e ultimo profilo l’ordinanza cautelare ha evidenziato che, concluso l’intervento di sostituzione valvolare aortica, dopo la chiusura del miocardio, era dimenticato dall’equipe un lembo di gazza di 8 cm omettendo di rimuoverlo dal ventricolo sinistro così lasciandolo migrare alla ripartenza dell’attività cardiaca e, dunque, alla ripresa del flusso ematico nel’aorta e, senza soluzione di continuità, nella biforcazione aorto-iliaca ove veniva effettivamente rinvenuto in sede autoptica. Sul punto, la condotta conforme sarebbe stata quella della rimozione immediata del lembo di garza alla fine dell’intervento da parte dell’equipe operatoria che invece non sarebbe avvenuta.
Gli accertamenti necessari e possibili per un immediato rinvenimento del lembo di garza smarrito non solo non sarebbero stati compiuti ma sarebbero stati sostituiti da accertamenti inefficaci e gravemente stressanti per il paziente con licenziamento dello stesso dalla sala operatoria nonostante il mancato colposo rinvenimento ed estrazione del lembo di gazza e con collocamento in sala di rianimazione dove avveniva.
Anche quanto alla fase post operatoria è stato individuato un ulteriore profilo di colpa per negligenza costituito dall’abbandono del lembo di garza in situ e dall’autorizzazione all’uscita del paziente, nonostante potessero essere svolti ulteriori e più efficaci esami, senza compiere tali ulteriori accertamenti necessari al rinvenimento della garza e senza una corretta gestione delle consegne ai colleghi della Rianimazione ai quali non sarebbe stato rappresentato l’evento avverso verificatosi in sala operatoria non consentendosi un’adeguata valutazione sulle condizioni del paziente impedendo di fatto qualsiasi intervento.
L’ordinanza cautelare ha evidenziato l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del Coscioni anche in relazione al delitto di falso ideologico aggravato, ricavati dalle dichiarazioni dei colleghi e dalla mancanza di alcuna traccia nella documentazione sanitaria redatta a cura del Primario della effettiva scansione temporale verificatasi in sala operatoria dalle ore 16.00, epoca del mancato colposo rinvenimento della garzina, alle ore 24.00 circa quando il Maddolo veniva licenziato in rianimazione.